Ali di Vita Associazione Onlus dedita alla sensibilizzazione ed aiuto sui Disturbi del Comportamento Alimentare

Ad un mese dal servizio di Striscia la Notizia ci fermiamo a riflettere.

Un passaggio televisivo importante ha scatenato la voglia di “star bene” un po’ in tutta Italia. Un coro di persone che chiedono aiuto, un ascolto, un consiglio, un abbraccio.



Ad un mese dal servizio di “Striscia la Notizia” ci fermiamo a riflettere per fissare alcuni punti che sono emersi dalle tante telefonate pervenuteci quasi prevalentemente da donne, genitori di ragazze ammalate e ragazze stesse residenti in diverse Regioni. 



Ogni chiamata una disperata richiesta di aiuto concreto. Il primo sentimento che si percepiva dalla voce era proprio la paura: la paura per la sofferenza della figlia o del figlio o per la propria. La paura della malattia, l’incertezza di chi possa prendersi carico del proprio caro, l’aspettativa di trovare una risoluzione al loro terribile problema, la possibilità di accedere alle cure con tempi di attesa che non siano di 90/120 giorni, ma adeguati al reale stato di salute. Ci sono persone che usano metodi di compensazione tante volte al giorno e non possono aspettare e allora perché non inviarle con codice urgente? Come si può pensare di lasciare una persona in tali condizioni per tre mesi? Siamo rimasti basiti nell’aver appreso questa situazione.

Purtroppo in diverse Regioni i tempi sono ancora molto lunghi, con il rischio di aggravamento della malattia. Il Covid poi ha peggiorato ulteriormente la situazione per cui molte persone si sono viste costrette a rivolgersi ai centri privati e/o privati convenzionati, ma l’informazione su quali siano e come accedere a queste strutture sono ancora scarse. Un dato rilevante è quello che troppe famiglie sono impossibilitate ad affrontare, sotto l’aspetto economico, l’inserimento in cliniche private se non convenzionate, soprattutto perché i percorsi di cura, siano essi a livello ambulatoriale o a livello residenziale, richiedono tempi piuttosto lunghi per la guarigione.

Un altro elemento emerso nelle telefonate riguarda i medici di base e i pediatri di prima scelta. Siamo sempre più convinti che non c’è ci sia una omogenea preparazione di queste figure, rischiando pertanto di perdere tempo prezioso. Serve un intervento urgente al riguardo. I medici, i pediatri devono avere tutti gli strumenti per poter riconoscere i primi segnali della malattia, essere in grado di percepire certi disagi espressi dai loro giovani pazienti senza sminuirne l’importanza,ma provando invece ad approfondire, a capire se invece dietro alle parole che vengono loro dette quella giovane vita necessita di un controllo presso un centro DCA o presso un adeguato ambulatorio strutturato per queste patologie.
È così importante l’individuazione precoce che non si può trascurare nella fase iniziale o quando la paziente soffre da tempo. Una settimana, anche solo pochi giorni possono fare la differenza se si soffre di un importante disturbo alimentare.

 È stato triste apprendere dalle telefonate la grande difficoltà riscontrata nel percorso di cura che, per motivi Covid, è proseguito tramite incontri via skype o altre piattaforme. Sinceramente eravamo fermamente convinti che gestire i colloqui in queste modalità potesse essere di aiuto, ma non per tutte è stato così.
Diverse persone hanno lamentato questa modalità perché è venuto a mancare loro il rapporto diretto con il terapeuta, un rapporto che molte volte si basa anche su uno sguardo, un sorriso, una carezza sulla mano. Il tono di voce, la pausa, l’emozione: tutte componenti umane che trasmettono molto di più delle sole parole.

Non vogliamo con questo dire che tutto l’impegno svolto dai tanti terapeuti sia stato vano, ma, da quello che ci è stato raccontato, non tutte le persone sono riuscite a “ritrovarsi” in un contesto virtuale, anzi ne hanno sofferto molto e ce l’hanno segnalato. Certamente l’isolamento prolungato, la forzata convivenza con i familiari, a volte anche in spazi ristretti, ha messo a dura prova tutti, a maggior ragione chi viveva già una sua fragilità.

 Il nostro ruolo in questo contesto è stato innanzitutto di comprensione e solidarietà. Abbiamo lasciato parlare le persone a lungo, con la consapevolezza che sentirsi ascoltati senza essere giudicati permette di togliere un po’ quel peso che si ha nel cuore, per poi fornire tutte le informazioni in nostro possesso sulle figure di riferimento e sull’importanza di rivolgersi ai centri di cura pubblici del proprio territorio le cui equipe multidisciplinari sono in grado di fare diagnosi accurate, avviando specifici percorsi di cura.
 Dove presenti, abbiamo fornite le informazioni relative alle Associazioni del loro territorio, in modo che chi soffre di questi disturbi ed i loro familiari possano ricevere un supporto vicino a casa.

 Anche la nostra Associazione durante il lock down - impossibilitata a proseguire gli sportelli di Primo Ascolto per i familiari- ha cercato di restare vicino alle persone tramite usando internet nelle sue diverse forme, ma ci siamo purtroppo dover rendere conto del grande limite imposto dalla comunicazione via rete, unico mezzo concesso in quel periodo per restare “connessi”. Uno sforzo per tutti per rendere meno doloroso il momento.

 ...e non finisce qui!

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Associazione Ali di Vita: Ad un mese dal servizio di Striscia la Notizia ci fermiamo a riflettere.
Ad un mese dal servizio di Striscia la Notizia ci fermiamo a riflettere.
Un passaggio televisivo importante ha scatenato la voglia di “star bene” un po’ in tutta Italia. Un coro di persone che chiedono aiuto, un ascolto, un consiglio, un abbraccio.
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