Affrontiamo la tematica del disturbo del comportamento alimentare (anoressia e bulimia); creando una rete di supporto per chi vive questa malattia. Soffrire di un disturbo del comportamento Alimentare non è un capriccio, uno stereotipo legato al mondo della moda, ma sono vere e proprie malattie che hanno radici profonde , disagi psicologici che influenzano in modo esponenziale la vita di chi ne soffre e le loro famiglie. Chi ne soffre si trova molto spesso a vivere in silenzio la propria malattia, isolandosi e creando di conseguenza un vuoto , una paura e sensi di colpa ancora più grandi. Le persone che soffrono di Disturbi del Comportamento Alimentare sono spesso malati invisibili agli occhi di estranei e spesso anche a quelli dei familiari, incapaci di “vedere” e capire, paralizzati dall’inadeguatezza, dalla paura e dalla vergogna, una vergogna che allontana e non consente di chiedere quel giusto aiuto che ragazzi e familiari hanno diritto di ricevere. E’ invece fondamentale il ruolo della famiglia e degli affetti più stretti nella cura e prevenzione di questa patologia. Sportelli di primo ascolto rivolti ai Famigliari/amici di chi soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare.. Per far comprendere che la persona che soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare va indirizzata a chiedere aiuto ad un Centro specializzato nei D.C.A.
Scheletri nell’armadio.
Un giorno mia figlia, vedendomi pensierosa, mi chiese “Mamma, come stai? Tutto bene?”
Erano giorni difficili, in cui le fatiche si facevano sentire più di altri momenti, forse per le tante cose che stavano accadendo. La guardai, sorrisi, e le dissi “Non preoccuparti, va tutto bene, è solo che qualche scheletro che ho nell’armadio a volte ritorna”. Lei si fece pensierosa, seria, mi guardò attentamente, poi sorrise e mi disse “Mamma, stai attenta, perché a forza di tenere scheletri nell’armadio non c’è più posto per i tuoi vestiti”, poi si voltò e continuò a fare quello in cui era impegnata.
Le sue parole risuonarono in me come l’eco di una voce lontana ma, al tempo stesso, vicina. Come aveva ragione, non poteva usare una metafora migliore per spiegare una verità che a volte non vediamo o non vogliamo vedere, forse perché troppo doloroso da affrontare.
Nella vita non sempre è facile affrontare ciò che ci accade, a volte tutto sembra così grande, così insormontabile da creare in noi una grande paura. Il timore di non riuscire, di non essere in grado di superare le prove della vita può bloccarci. A volte invece a bloccarci sono cose quotidiane, rapporti difficili, rancori, parole non dette o cose lasciate in sospeso.
Qualunque sia l’origine di questi blocchi, di queste cose che in qualche modo ci impediscono di andare avanti, facendoci ancora soffrire, sono sempre, comunque, cose che tolgono spazio e tempo ad altro. Lo spazio per cose nuove, per nuovi pensieri e progetti, per nuovi modi di affrontare la vita. Il tempo per ciò che più ci può far bene, anche semplicemente il tempo per un caffè in compagnia di una persona a cui vogliamo bene, il tempo per noi stessi.
Tutti questi scheletri nell’armadio, venuti da un passato ancora tropo presente, possono impedirci di fare davvero quel qualcosa che ci può far star maglio. Possono impedirci di comprare dei vestiti nuovi, colorati, vestiti che ci piacciono davvero … costringendoci ad indossare sempre e solo quelli vecchi, che sono in quello stesso armadio da tanto tempo … vestiti forse ormai superati, i cui colori si sono sbiaditi col tempo e, chissà, che magari non ci piacciono neanche più.
Liberarsi da quegli scheletri non è cosa facile, non basta aprire la porta e aspettare che se ne vadano, no, da quell’armadio siamo noi che dobbiamo toglierli, uno ad uno, fino a recuperare tutto lo spazio di cui abbiamo bisogno per i nuovi vestiti che, nelle vetrine dei negozi, richiamano la nostra attenzione e aspettano di essere comprati proprio da noi.
Daniela Bonaldi
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