Ali di Vita Associazione Onlus dedita alla sensibilizzazione ed aiuto sui Disturbi del Comportamento Alimentare

l peso del giudizio: Rosy Coletta

Affrontiamo la tematica del disturbo del comportamento alimentare (anoressia e bulimia); creando una rete di supporto per chi vive questa malattia. Soffrire di un disturbo del comportamento Alimentare non è un capriccio, uno stereotipo legato al mondo della moda, ma sono vere e proprie malattie che hanno radici profonde , disagi psicologici che influenzano in modo esponenziale la vita di chi ne soffre e le loro famiglie. Chi ne soffre si trova molto spesso a vivere in silenzio la propria malattia, isolandosi e creando di conseguenza un vuoto , una paura e sensi di colpa ancora più grandi. Le persone che soffrono di Disturbi del Comportamento Alimentare sono spesso malati invisibili agli occhi di estranei e spesso anche a quelli dei familiari, incapaci di “vedere” e capire, paralizzati dall’inadeguatezza, dalla paura e dalla vergogna, una vergogna che allontana e non consente di chiedere quel giusto aiuto che ragazzi e familiari hanno diritto di ricevere. E’ invece fondamentale il ruolo della famiglia e degli affetti più stretti nella cura e prevenzione di questa patologia. Sportelli di primo ascolto rivolti ai Famigliari/amici di chi soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare.. Per far comprendere che la persona che soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare va indirizzata a chiedere aiuto ad un Centro specializzato nei D.C.A.

Il peso del giudizio. 




Non ho più bilance a casa, non ne ho più bisogno o meglio non ne ho più l'ossessione. 

Quando uscii dalla clinica decisi, con l'approvazione dei medici che mi seguivano, di non averne più. La paura di ricascare in quei meccanismi malati e di poter compromettere tutto il lavoro che avevo fatto su di me, allontanò dalla mia testa ogni accenno al pensiero di averne una a portata di mano.

Con tanto sforzo stavo imparando a non esprimere giudizi nei miei confronti, a non quantificarmi e l'idea di quel numero sapevo che avrebbe intaccato quell'equilibrio che con tanta fatica stavo creando. Dunque, avrei aspettato il responso dell'ago solo durante i miei controlli medici per cercare piano piano di farlo diventare nella mia testa quello che realmente era, un puro parametro medico alla stregua della pressione o della misurazione del polso. Un responso. Se prima pendevo dall'ago di quella bilancia come si può pendere dalle labbra di qualcuno di cui si ha rispetto, che ha una preponderante credibiltà, da cui si cerca approvazione, così, in quel momento, stavo provando a non vedere in quell'ago una bocca dalla quale sarebbe stata pronunciata una sentenza a mio favore o a mio discapito.
La mia era sempre stata un'ossessione mascherata dal bisogno di conferme o smentite, rispetto a quanto ero stata brava a raggiungere il mio obbiettivo di rosicchiare anche solo un grammo, per non sentire la mortificazione di non esserci riuscita affatto.
Quello che cercavo in fondo, era solo di controllare la sua reazione al nostro contatto, di dirottarla attraverso il mio dominio sul peso verso un giudizio positivo nei miei confronti.
Dopotutto per quanto mi sforzassi con gli altri di avere l'atteggiamento giusto e ineccepibile per essere inattaccabile, sapevo che non era in mio completo potere controllare le loro reazioni , su quelle non potevo decidere io come sul movimento dell'ago della bilancia. Bastava farlo arrivare dove volevo io per sentirmi soddisfatta, per non sentirmi giudicata male, per sentirmi ripagata dei miei sforzi visto che con le persone non mi sentivo così.
Dover gestire un'emozione altrui troppo dirompente, significava fermare l'ago impazzito di quella macchina. Non ero in grado, forse perchè non c'erano regole assolute a cui appellarmi come nel mio mondo malato. Quelle stesse emozioni che non riuscivo a sentire mie, che soffocavo non potevo pensare di vederle negli occhi degli altri e di accettarle.
La paura, ancora una volta, di non apparire perfettamente encomiabile trovava nei numeri la sua dissoluzione e io la mia dannazione.
Ma come essere umano, quale ho scoperto e amo essere, ho capito che i numeri per quanto mi riguarda non parlano chiaro, almeno non di me. Non dicono chi sono, cosa penso, come mi sento, cosa desidero. Non l'hanno fatto prima e non possono farlo nè ora nè mai.
Un numero indica esattamente qualcosa. Ma io non sono esattamente. Sono....

Rosy Coletta.

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Affrontiamo la tematica del disturbo del comportamento alimentare (anoressia e bulimia); creando una rete di supporto per chi vive questa malattia. Soffrire di un disturbo del comportamento Alimentare non è un capriccio, uno stereotipo legato al mondo della moda, ma sono vere e proprie malattie che hanno radici profonde , disagi psicologici che influenzano in modo esponenziale la vita di chi ne soffre e le loro famiglie. Chi ne soffre si trova molto spesso a vivere in silenzio la propria malattia, isolandosi e creando di conseguenza un vuoto , una paura e sensi di colpa ancora più grandi. Le persone che soffrono di Disturbi del Comportamento Alimentare sono spesso malati invisibili agli occhi di estranei e spesso anche a quelli dei familiari, incapaci di “vedere” e capire, paralizzati dall’inadeguatezza, dalla paura e dalla vergogna, una vergogna che allontana e non consente di chiedere quel giusto aiuto che ragazzi e familiari hanno diritto di ricevere. E’ invece fondamentale il ruolo della famiglia e degli affetti più stretti nella cura e prevenzione di questa patologia. Sportelli di primo ascolto rivolti ai Famigliari/amici di chi soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare.. Per far comprendere che la persona che soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare va indirizzata a chiedere aiuto ad un Centro specializzato nei D.C.A.
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