Affrontiamo la tematica del disturbo del comportamento alimentare (anoressia e bulimia); creando una rete di supporto per chi vive questa malattia. Soffrire di un disturbo del comportamento Alimentare non è un capriccio, uno stereotipo legato al mondo della moda, ma sono vere e proprie malattie che hanno radici profonde , disagi psicologici che influenzano in modo esponenziale la vita di chi ne soffre e le loro famiglie. Chi ne soffre si trova molto spesso a vivere in silenzio la propria malattia, isolandosi e creando di conseguenza un vuoto , una paura e sensi di colpa ancora più grandi. Le persone che soffrono di Disturbi del Comportamento Alimentare sono spesso malati invisibili agli occhi di estranei e spesso anche a quelli dei familiari, incapaci di “vedere” e capire, paralizzati dall’inadeguatezza, dalla paura e dalla vergogna, una vergogna che allontana e non consente di chiedere quel giusto aiuto che ragazzi e familiari hanno diritto di ricevere. E’ invece fondamentale il ruolo della famiglia e degli affetti più stretti nella cura e prevenzione di questa patologia. Sportelli di primo ascolto rivolti ai Famigliari/amici di chi soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare.. Per far comprendere che la persona che soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare va indirizzata a chiedere aiuto ad un Centro specializzato nei D.C.A.
NON SI ARRIVA MAI TANTO LONTANO COME QUANDO NON SI SA DOVE SI VA. GOETHE.
Può sembrare assurdo o poco logico pensare di 'arrivare lontano' senza aver in testa alcuna meta, alcun disegno. Allo stesso modo idee troppo chiare rubano la scena a quella silente confusione, convincendoti della sua inesistenza e diventando non solo il tuo motore ma anche il fine ultimo. Bisogna distinguere il caos imbellettato e profumato come un'avvenente falsa verità, da quel tumulto che si mostra per quel che è, e che nel suo divenire disegna istante per istante il percorso da calpestare. Mai come quando non sapevo dove stavo andando, sono arrivata 'così lontano'. Un conto è vagare nel vuoto nonostante ti sia impegnata a costruire pilastri solidi per sostenerlo, un conto è 'lasciarsi andare ad esso' per sentirlo. I miei obbiettivi per anni erano i fantasmi di quelli che effettivamente non riuscivo a darmi, a causa della mia presunta inadeguatezza. Era molto più semplice per me tracciare e limitare il mio cammino con 'l'aiuto' di leggi inviolabile sul cibo, il peso, e di riflesso sui compiti da assolvere, su quella perfezione da mettere in mostra, di cui dare prova, cose che naturalmente andavano a braccetto. E la mia osservanza ossequiosa mi dava l'idea di aver ben chiaro il mio percorso, devota a quell'immagine di me che sembrava davvero ben delineata per essere raggiunta quando realmente era inarrivabile, soprattutto perchè in fondo non era quello che volevo. La cosa più assurda è che nonostante stessi tracciando dei punti di riferimento, delle linee guida che in un certo qual modo in quel momento mi potevano salvare da qualcosa che non ero in grado di affrontare, nell'attimo in cui ho scelto di guardare l'ignoto, di non voler più alcuno di quei 'capisaldi' nella mia testa, ho potuto distruggere per ricostruire. Fondamentalmente non sapevo dove stessi andando, non sapevo cosa mi aspettava, non sapevo cosa ci sarebbe stato, non sapevo nulla e forse anche questo mi ha salvato. L'idea di non sapere, di non dover capire a tutti i costi tutto, di non dover dare per forza una spiegazione in maniera totale e totalizzante ad ogni cosa, di provare a sentire più che a pensare non mi hanno fatto 'arrivare' ,non era quello di cui avevo bisogno, mi hanno insegnato come riniziare a camminare...
Rosy Coletta
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